Donald Trump e la grande stronzata dei dazi: perché vi ha alzato le tasse, ignoranti!

Molti di voi, cari ignoranti, credono ancora alla favoletta che Donald Trump sia quello che “abbassa le tasse”. Vi do una notizia bomba: vi ha fregati.

Mentre con una mano sbandierava tagli fiscali (per i ricchi, ovviamente), con l’altra mano vi infilava in silenzio la tassa più subdola di tutte: i dazi doganali. Sì, avete capito bene: tariffe doganali, quei balzelli sulle importazioni che voi gonzi manco considerate tasse – e invece lo sono eccome. Trump ha alzato queste imposte (perché di tasse si tratta) facendovi credere che a pagarle sarebbero stati altri. Spoiler: le avete pagate voi, ogni maledetta volta che avete comprato un prodotto importato. E adesso vi spieghiamo per bene questo casino, senza peli sulla lingua.

Che cazzo sono questi “dazi”?

Ok, partiamo dalle basi perché so che siete ignoranti in materia. Cosa diavolo è un dazio? È molto semplice: un dazio doganale è una tassa del cazzo applicata ai prodotti importati da un paese estero. In pratica, quando compri uno smartphone assemblato in Cina o un’auto fatta in Messico, il governo americano (cioè lo Zio Sam di turno) aggiunge un costo extra sotto forma di tariffa. Chi paga questo costo? Tu, babbeo. Non “la Cina”, non “il Messico”: il conto lo paghi TU al supermercato, al concessionario, su Amazon, ovunque. Il dazio fa gonfiare il prezzo finale del prodotto importato, punto. Quindi se pensavi che Trump stesse “punendo la Cina”, in realtà stava punendo il tuo portafoglio. Un dazio = una tassa sui consumi, chiaro? Ti stanno spillando soldi ogni volta che compri roba straniera. Altro che patriottismo: è una tassa occulta che colpisce te, consumatore ignorante che non se ne accorge.

Storicamente i dazi servono a due cose: fare cassa e proteggere i produttori locali dalla concorrenza estera. In passato i governi mettevano dazi per riempirsi le tasche (lo stato tassa tutto ciò che entra nel paese) o per dare un vantaggio ai produttori nazionali aumentando artificialmente il prezzo dei prodotti stranieri. Insomma, il dazio o tariffa doganale è un’arma economica: alza i prezzi degli import per “proteggere” l’industria interna. Peccato che protegga forse qualche fabbrichetta, ma intanto spenna milioni di cittadini. E Trump di questa arma ha fatto largo uso, vendendovela come fosse la soluzione magica ai mali dell’America.

La crociata dei dazi: come Trump ve l’ha venduta

Trump ha iniziato la sua crociata dei dazi poco dopo essere entrato alla Casa Bianca nel 2017. Con la faccia tosta che si ritrova, ha cominciato a imporre tariffe su tutto il possibile: prima lavatrici e pannelli solari, poi acciaio (25% di dazio) e alluminio (10%), poi una valanga di prodotti cinesi e via così. Ha svegliato il mondo a colpi di tweet dichiarando cose tipo che “le guerre commerciali sono buone e facili da vincere”. Avete letto bene: secondo questo genio, fare a gara di dazi con gli altri paesi è figo e “si vince facile”. E voi, da bravi ignoranti col cappellino MAGA, ci avete pure creduto mentre lui sparava cazzate su Twitter.

Come ha giustificato questa follia? Con il solito mix di nazionalismo e paranoia: “Gli stranieri ci fregano, ci rubano il lavoro, quindi metto i dazi per proteggervi, cari americani” – questo in sintesi il messaggio. Ha tirato fuori scuse patriottiche tipo la sicurezza nazionale (sì, ha detto che importare acciaio dal Canada minacciava la sicurezza degli USA… ma mi faccia il piacere!), oppure la reciprocità (ha blaterato che siccome altri paesi tassano di più, allora anche lui avrebbe tassato loro – peccato che così tassava noi). In pratica ha dipinto gli Stati Uniti come la vittima sacra di tutti, sostenendo che i cinesi, europei, messicani, marziani e fatine varie ci stavano derubando con le loro esportazioni. E qual era la sua soluzione geniale? Sparare dazi a destra e a manca come se non ci fosse un domani, per costringerli a “fare i bravi”.

Dal 2018 in poi è partito il circo: guerra dei dazi con la Cina (centinaia di miliardi di dollari di merci cinesi colpite da tariffe del 10%, poi 25%, poi ancora su su fino a oltre il 50% nel 2025), minacce di dazi pure agli alleati (ha messo tariffe pure a UE, Canada, Messico – amici amici e poi ti piazza il conto). Il bello è come l’ha comunicato: Trump l’ha venduta come se fosse un reality show, il macho al comando che “fa finalmente pagare gli stranieri”. Alle sue folli adunate (i comizi MAGA) vantava che “I am Tariff Man” (testuali parole sue: si è autoproclamato l’Uomo dei Dazi, manco fosse un supereroe del fisco). E la gente giù ad applaudire, perché nella loro ignoranza pensavano davvero che stesse punendo Pechino o Città del Messico, mentre in realtà stava infilando le mani nelle tasche degli americani. Ma con il suo carisma da venditore di pentole usate, Trump è riuscito a farvi ingoiare la pillola dicendo che sarebbe stato per il vostro bene, per riportare lavoro in patria e riequilibrare la bilancia commerciale.

Ha pure raccontato che coi dazi avrebbe ridotto il deficit commerciale (cioè la differenza tra quanto l’America importa e quanto esporta). Spoiler numero due: il deficit commerciale USA è rimasto bello alto, cambiando poco di sostanza se non il nome della bandiera sulle merci importate (meno roba dalla Cina, più da Vietnam e Messico – grande vittoria, eh?). Ma intanto Trump twittava balle su balle: “stiamo incassando miliardi dai dazi, i cinesi ci mandano palate di soldi”. Certo, incassava dai dazi – che pagavano le aziende americane alle dogane – e vantava quei soldi come se li stesse estorcendo a Xi Jinping. Una presa per il culo colossale, mascherata dalla propaganda nazionalista. E voi, pubblico di bocca buona, ve la siete bevuta perché lui urlava “America First!” e insultava chiunque osasse criticarlo sulla stampa.

Nel 2025, fresco del suo ritorno alla Casa Bianca (perché gli elettori americani evidentemente amano farsi del male due volte), Trump ha rilanciato la crociata: nuove raffiche di dazi ancora più grossi e sparati su praticamente tutto. Ha persino avuto la faccia tosta di proclamare una specie di “Giornata della Liberazione” per annunciare un dazio minimo del 10% su tutte le importazioni. Avete capito bene, ignoranti: qualsiasi cosa entri negli USA ora becca almeno il 10% di tassa aggiuntiva, e molte nazioni si sono viste appioppare tariffe ben più alte (20%, 30%, fino al 50% su certi prodotti cinesi o europei!). Roba che non si vedeva dai tempi della Grande Depressione del 1930, quando passarono quei dazi famigerati tipo Smoot-Hawley. Altro che “free market”: qui siamo a un protezionismo da guerra mondiale. E ovviamente lui l’ha venduta come “tariffe reciproche e giuste”. Ha persino minacciato Canada e Messico con 25% su (quasi) tutto se non avessero fatto i bravi sul fronte immigrazione e droga (non sto scherzando). Insomma, un delirio populista: mescola commercio e qualunque altra paranoia politica per giustificare dazi ovunque. Ma tanto il pubblico MAGA applaude, ignaro di essere quello che paga il conto finale.

Il vero obiettivo: proteggere l’America o fare scena?

A questo punto vi chiederete: ma perché Trump ha fatto tutto ‘sto casino dei dazi? Qual è il vero obiettivo dietro a quella che definiva crociata patriottica? Preparati, perché la risposta non è quella che pensi, ignorante.

Obiettivo dichiarato: “Rimettere l’America al primo posto, proteggere le nostre fabbriche e i nostri lavoratori, ridurre il deficit commerciale, fermare chi ci sfrutta”. Bella lista di slogan, vero? In teoria Trump diceva di voler aggiustare i torti del commercio globale: troppe importazioni, poche esportazioni, troppi operai americani senza lavoro perché le fabbriche sono andate in Cina. I dazi dovevano essere la sua arma segreta per costringere Cina & Co. a comportarsi “in modo equo”. Sembrerebbe quasi nobile: difendere il popolo e l’economia nazionale dall’assalto straniero. Peccato che questa sia solo la facciata per gli ingenui.

Obiettivo reale: fare un gran teatrino elettorale e cavalcare il nazionalismo economico per pura convenienza politica. Trump, furbo com’è, ha capito che dare la colpa di tutto agli stranieri è un trucco fantastico per raccogliere consensi interni. Hai perso il lavoro? Colpa della Cina. La tua fabbrica ha chiuso? Colpa del Messico. Lo stipendio è fermo? Colpa dell’Europa e dell’euro. E lui cosa fa? “Vi difendo io, metto i dazi così imparano!”. Una mossa da showman, altro che statista. Il vero scopo era mostrare i muscoli e far vedere al suo elettorato (spesso poco informato e facilmente infiammabile, come voi) che lui manteneva le promesse e “faceva pulizia”.

Chi mastica un minimo di economia (non voi, tranquilli) sapeva benissimo che una guerra commerciale su larga scala era un suicidio economico. Ma a Trump non fregava un cazzo: a lui importava l’effetto scenico. Doveva sembrare il duro che finalmente diceva “basta farci fregare!”. È puro protezionismo da baraccone: utile a prendere applausi nei comizi e titoloni sui giornali, ma disastroso nei fatti. In sostanza, Trump ha usato i dazi come strumento propagandistico, una trovata da campagna elettorale permanente per galvanizzare la base. Altro obiettivo reale? Fare cassa e finanziarsi i suoi giochetti: sì, perché mentre tagliava le tasse ai miliardari nel 2017, il deficit pubblico schizzava su, e guarda caso i dazi hanno portato decine di miliardi nelle casse federali (soldi usciti dalle vostre tasche, ricordiamolo). Comodo, no? Ti dico “meno tasse per tutti”, poi ti infilo un’imposta nascosta sulle cose che compri e intanto incasso. Geniale nella sua bastardaggine.

Certo, c’era anche un pizzico di ideologia: Trump è sempre stato fissato con l’idea (sbagliata) che deficit commerciale = perdita secca di soldi verso l’estero. Nella sua visione sempliciotta, se compriamo più di quanto vendiamo, “stiamo perdendo”. Roba da mercantilismo del ‘700, che gli economisti moderni considerano una cazzata. Ma lui e i suoi consiglieri falchi (tipo Peter Navarro, un altro invasato) ci credevano davvero. Dunque, parte dell’obiettivo era forzare le aziende americane a riportare la produzione in patria: rendere costoso importare, così magari Apple & co. aprivano più fabbriche negli USA. Su questo possiamo dire: in teoria aveva un fondo di logica (molto contorta), ma in pratica era un azzardo gigantesco che non ha portato ai risultati sperati. Però come slogan “riporterò il lavoro in America” funzionava alla grande. Quindi l’obiettivo vero era un mix di populismo economico e un maldestro tentativo di ingegneria di mercato, con la priorità di vincere facile la narrativa politica. In parole povere: Trump coi dazi voleva darsi un tono da salvatore della patria, mentre faceva il bullo sulla scena mondiale per soddisfare il suo ego e il suo elettorato urlante.

Chi ci ha guadagnato e chi l’ha preso in quel posto

Vediamo ora chi ha davvero beneficiato di questa politica dei dazi e chi invece ci ha rimesso le penne (o meglio, il portafoglio). Tenetevi forte, ignoranti, perché qui casca l’asino:

Ci ha guadagnato:

  • Alcune industrie protette: per esempio i produttori di acciaio e alluminio USA, che grazie ai dazi hanno potuto alzare i prezzi e fare più profitti senza paura della concorrenza estera. Idem qualche azienda di elettrodomestici o altri beni colpiti dai dazi (hai messo la tassa sulle lavatrici straniere? Whirlpool gongola e alza i prezzi anche lei). In generale, una minoranza di imprese “coccolate” da Trump ha visto aumentare i propri margini… nel breve termine.
  • Il governo federale: ebbene sì. Quando imponi dazi, i soldi vanno nelle casse dello Stato. Trump ha incassato miliardi di dollari in dazi (cioè tasse) pagati dalle aziende importatrici americane. Ha poi usato parte di quei soldi per fare il benefattore (vedi i sussidi ai contadini di cui parliamo tra poco). Quindi a livello di gettito fiscale, lo zio Sam si è ingrassato per un po’ grazie a voi.
  • Trump stesso (politicamente): ha guadagnato consenso politico tra i polli… ehm, volevo dire tra i patrioti che applaudivano la sua “linea dura”. Ai suoi rally, ogni volta che urlava “dazi”, la folla esaltata sentiva odore di vittoria contro il nemico straniero. Questo capitale politico gli è servito per mostrarsi come il paladino dei lavoratori (mentre intanto li fotteva, ma dettagli).

Ci ha rimesso:

  • Le aziende americane importatrici: qualsiasi impresa USA che usa componenti importati o rivende prodotti esteri si è trovata a pagare di più. Molte aziende manifatturiere hanno visto esplodere i costi delle materie prime (es: acciaio più caro = produrre auto costa di più). Alcune hanno dovuto tagliare investimenti, altre hanno perso competitività. Alcune piccole imprese saranno pure saltate per aria per l’aumento dei costi. Complimenti, Donald.
  • Gli esportatori americani: pensavate che gli altri paesi restassero a guardare? Ovviamente no: hanno risposto con ritorsioni. La Cina ha messo dazi su soia, carne e prodotti made in USA; l’Europa su bourbon, moto Harley Davidson, jeans Levi’s etc. Risultato: chi produceva in America per vendere fuori ha preso batoste. Un esempio su tutti: gli agricoltori americani, specialmente coltivatori di soia e mais, che si sono visti chiudere mercati chiave (tipo la Cina smette di comprarti la soia e la prende altrove). Le esportazioni USA sono calate in vari settori e molti produttori si sono trovati col magazzino pieno e nessuno a cui vendere.
  • I consumatori americani (cioè tutti voi): questa è la categoria più fottuta di tutte. Ogni americano medio ha pagato e sta pagando i dazi nel prezzo finale dei beni. Studi economici seri hanno stimato che i dazi di Trump sono costati in media circa 1.900 dollari a famiglia solo nel 2025. Hai capito, ignorante? Ti sei trovato con ~2000$ in meno in tasca all’anno, in media, per finanziare la pagliacciata trumpiana. Ogni bene importato – dal cellulare alla TV, dalle scarpe all’auto – è diventato più caro. Meno scelta sugli scaffali e prezzi più alti. Una bella tassa regressiva che ha colpito soprattutto i redditi bassi (perché i ricchi manco se ne accorgono di 1000$ in più spesi, ma la classe media sì eccome). In pratica, caro il mio patriota confuso, ti sei sparato sui piedi da solo applaudendo i dazi.
  • Lavoratori di settori esposti: alcuni operai hanno salvato il posto grazie ai dazi (tipo negli acciai). Ma molti altri lo hanno perso o rischiato in settori colpiti dalle ritorsioni o dall’aumento costi. Ad esempio, i dipendenti delle aziende agricole colpite dai controdazi cinesi, o gli operai delle aziende che usano componenti importate e che hanno dovuto tagliare personale per i costi. Nel complesso, l’economia USA ha perso più posti di lavoro di quanti ne abbia “salvati” con i dazi. Si stima che la guerra commerciale trumpiana abbia distrutto centinaia di migliaia di posti netti (quando conti gli effetti indiretti). Quindi i pochi vincitori (operai protetti) sono stati surclassati dai tanti perdenti (operai licenziati altrove).
  • L’economia nel suo insieme: crescita economica rallentata, investimenti congelati dall’incertezza (molte aziende nel 2019 non sapevano dove produrre o quanto avrebbero pagato di tariffe, quindi posticipavano decisioni), mercati finanziari in subbuglio (ogni tweet di Trump sui dazi faceva crollare la borsa per un giorno). Insomma, un bel clima di merda per fare affari. Nel 2025, con la nuova ondata di dazi, le previsioni di crescita USA sono andate a puttane e molti parlano apertamente di recessione dietro l’angolo. Bravo Donald, ottima strategia… per affossare anche la ripresa post-pandemia.

Riassumendo, chi ha vinto? Una manciata di industrialotti furbi e il governo che incassa. Chi ha perso? Praticamente tutti gli altri cittadini, soprattutto quelli che Trump fingeva di voler aiutare. Come dice un detto: quando elefanti e rinoceronti lottano, è l’erba a rimanere schiacciata. In questo caso Trump e Xi (o EU, o chi per loro) facevano a sportellate coi dazi, e a restare schiacciato sei stato tu, consumatore ignorante che applaudivi pure.

Effetti concreti sull’economia: aziende incazzate, prezzi alle stelle

Parliamo di casi concreti, così anche l’ignorante che è in te capisce. Esempio 1: le lavatrici. Nel 2018 Trump mise dazi dal 20% al 50% sulle lavatrici importate. Risultato? I produttori americani di lavatrici (tipo Whirlpool) colsero la palla al balzo per alzare i prezzi di quelle fatte in USA, tanto la concorrenza straniera era diventata più costosa. In pochi mesi il prezzo delle lavatrici salì di circa il 12% per i consumatori americani. Perfino le asciugatrici (non soggette a dazio) rincararono, perché spesso si vendono in bundle e i produttori ne hanno approfittato. Quindi le famiglie USA hanno iniziato a pagare di più sia le lavatrici estere (tassate) sia quelle domestiche (senza concorrenza sui prezzi). Ciliegina sulla torta: con quei rincari, si stima che i consumatori USA abbiano sborsato circa 1,5 miliardi di dollari in più all’anno. E per cosa? Per “salvare” o creare forse 1.800 posti di lavoro in più negli stabilimenti di lavatrici USA. Fatevi il calcolo: sono più di 800 mila dollari all’anno per ogni posto di lavoro salvato. Un rapporto costi/benefici da incubo. Potevano dare 50 mila $ di aumento a ognuno di quegli operai e avrebbero comunque risparmiato soldi! Questa idiozia colossale delle lavatrici è un caso da manuale che mostra come i dazi aiutano pochi (pochi posti di lavoro) e distruggono valore per molti (tutti i milioni di acquirenti di elettrodomestici spennati vivi).

Esempio 2: gli agricoltori. Trump amava vantarsi di come difendeva i contadini americani patrioti. Peccato che la Cina ha risposto ai dazi smettendo di comprare soia, mais, carne suina dagli USA. Improvvisamente i farmer del Midwest si sono trovati con tonnellate di prodotto invenduto. I prezzi interni della soia sono crollati, molti rischiavano la bancarotta. Che ha fatto Trump, per non perdere il voto delle campagne? Ha dovuto tirar fuori sussidi pubblici a pioggia (indovina, pagati dai contribuenti americani, cioè ancora voi) per compensare i contadini delle perdite causate dalla sua stessa guerra commerciale. Ha letteralmente tagliato assegni per decine di miliardi (circa 28 miliardi $ in un paio d’anni) agli agricoltori come elemosina di Stato. Praticamente un socialismo agricolo messo in piedi da uno che si proclamava campione del libero mercato. Roba da matti: creare un problema e poi spendere soldi pubblici per tamponarlo, il tutto per poter dire “avete visto come sono bravo ad aiutare gli agricoltori?” Follia pura. Molti agricoltori, comunque, hanno chiuso bottega lo stesso o hanno perso quote di mercato globale che difficilmente recupereranno, perché nel frattempo i cinesi hanno iniziato a comprare da Brasile e altri paesi. Grazie Trump per aver fatto del male proprio a quella fetta di America rurale che ti idolatrava.

Esempio 3: il settore manifatturiero e automobilistico. Le case auto americane (Ford, GM) e i produttori di componenti si sono trovati l’acciaio rincarato del 25% e l’alluminio del 10%. Ciò significa che costruire un’auto o un qualunque macchinario costava di più. In molti casi hanno dovuto alzare i prezzi delle auto per compensare. Risultato: vendite più deboli e/o margini ridotti. Ford stimò un conto salato per i dazi sull’acciaio, GM uguale. Alcune aziende hanno ridotto il personale o congelato assunzioni perché i costi extra le stavano ammazzando in competitività. E appena Trump minacciava dazi sulle auto importate dall’Europa o Giappone, i produttori stranieri (che hanno fabbriche negli USA) urlavano all’incertezza: BMW, Toyota e co. hanno rallentato investimenti per paura di regole del gioco impazzite. Nel 2019 il settore manifatturiero USA è entrato in recessione tecnica (produzione industriale in calo) anche grazie alla brillante idea dei dazi. Altroché “rinascimento industriale”: Trump ha causato un bel mal di testa industriale.

Esempio 4: i consumatori comuni (cioè tu, ancora tu). Se compravi qualsiasi oggetto proveniente dalla Cina tra il 2018 e il 2020, c’era un’alta probabilità che fosse colpito da dazi del 10-25%. Dai giocattoli ai mobili, dall’elettronica ai vestiti: miliardi di beni di uso quotidiano tassati. Che è successo? Molte aziende hanno provato a spostare la produzione in altri paesi (Vietnam, India…); altre hanno semplicemente aumentato i prezzi al dettaglio in America. La benzina sul fuoco poi è stata con l’inflazione del 2021-2022: con le catene di fornitura già incasinate dal COVID, i dazi di Trump rimasti in vigore hanno aggravato la scarsità e fatto lievitare ancora di più i prezzi. In breve, tu consumatore hai pagato due volte: prima il rincaro dazio, poi l’inflazione alimentata anche da quei dazi. Una goduria, vero? Nel 2025, con i nuovi super-dazi su quasi tutto il globo, i prezzi negli USA hanno preso un altro bel colpo verso l’alto. Immagina: ogni componente, ingrediente o prodotto finito importato ora costa almeno un 10% in più di prima. Indovina un po’: le aziende importeranno l’aumento su di te, rincarando i prodotti. Quindi l’effetto concreto è meno soldi nel tuo portafoglio e un costo della vita più alto, mentre ti fanno credere che stai “colpendo la Cina cattiva”. In realtà stai solo colpendo te stesso, pirla.

In sintesi, l’economia americana sotto i dazi di Trump ha visto prezzi più alti, meno scambi, meno efficienza. Il tutto per un risultato politico effimero. Hanno creato distorsioni immense: aziende che spostano produzioni da un paese all’altro per schivare tariffe (non è che tornano negli USA, spesso saltano solo da Cina a Vietnam: un giochino chiamato country hopping), catene del valore scombussolate, investimenti rimandati. E alla fine il deficit commerciale USA è rimasto grosso modo lì: si è ridotto un po’ con la Cina ma è aumentato con altri paesi, il che dimostra che la gente ha continuato a comprare prodotti esteri perché costava comunque meno che farli fare interamente in America. La sostanza? Tanto rumore per nulla di buono, e parecchi danni collaterali.

Ipocrisie e contraddizioni: le cazzate non tornano

Ora veniamo alla parte più divertente (e irritante): le ipocrisie e le contraddizioni plateali della politica dei dazi di Trump. Qui ce n’è per scrivere un libro, ma vi sparo le principali, così magari vi svegliate un po’, ignoranti.

1. Il “taglia-tasse” che alza le tasse. Trump si è sempre venduto come uno che abbassa le tasse (ricordate il taglio delle tasse del 2017, quello che ha regalato miliardi alle aziende e bruscolini a voi?). E i repubblicani in generale si battono il petto come tax-cuts party. Eppure, indovina un po’? I dazi di Trump sono stati di fatto il più grande aumento di tasse dagli anni ’80 in America. Altro che Clinton o Obama: Tariff-Man li ha stracciati, caricandovi addosso un fardello fiscale enorme sotto mentite spoglie. Ipocrisia much? Dire “odio le tasse” e poi piazzare balzelli doganali ovunque è da faccia come il culo. Ma molti fan non l’hanno proprio capito che li stava tassando; anzi, alcuni ancora credono seriamente che “paghi la Cina”. Eh già, come no… se credete a questa, ho un ponte da vendervi.

2. America First o Made in China? Trump blaterava tanto di “compra americano, assumi americano” mentre spingeva i dazi. Ma indovina cosa? Molti prodotti del brand Trump e affini venivano fatti all’estero! I suoi famosi cappellini MAGA? In gran parte Made in China o Vietnam. La figlia Ivanka aveva una linea di abbigliamento prodotta in Asia. Gli hotel Trump compravano arredi italiani o cinesi. Insomma, il campione dell’autarchia in realtà faceva affari globalizzati per i fatti suoi. Questa è una ipocrisia grande come la Trump Tower. È come se ti dicesse di mangiare locale mentre lui si strafoga di cibo importato. E infatti i dazi stranamente spesso non toccavano certi prodotti legati ai suoi interessi (coincidenza? hmm…). Quindi, patriottismo economico a chiacchiere, ma portafoglio personale globalista.

3. Protezionismo per il popolo, ma favori ai compari. Notate una cosa: alcuni settori colpiti dai dazi erano scelti in modo mirato. Acciaio e alluminio: industrie vecchia scuola che fanno rima con stati chiave delle elezioni (tipo Pennsylvania) e grandi lobby (l’industria siderurgica brindava ai dazi perché poteva sfruttarli). Al contempo, settori dove i dazi avrebbero danneggiato sul serio grandi aziende americane (tipo l’import di terre rare dalla Cina, cruciali per l’elettronica) sono stati toccati con prudenza o con esenzioni. Migliaia di esenzioni sono state concesse ad aziende amichevoli per evitare loro danni. Cos’è, il protezionismo con gli amichetti esclusi? Un bel controsenso: se credi nei dazi, li applichi a tutti; se inizi a fare eccezioni a destra e manca, ammetti che stai facendo casino e cerchi di limitarlo per alcuni. Quindi Trump gridava “tutti paghino dazi”, ma poi sottobanco il suo governo concedeva dispense a un sacco di aziende (oltre 100 mila richieste di esenzione valutate!). Un circo clientelare che smentisce la farsa della linea dura uguale per tutti.

4. Le guerre commerciali “facili da vincere” (ma poi perse). Trump aveva proclamato che avremmo “vinto facile” la guerra dei dazi. Bene, com’è andata? Non l’abbiamo vinta affatto. Dopo anni di escalation, nel 2020 firmò un cosiddetto “accordo di fase uno” con la Cina dove i cinesi promettevano di comprare più roba USA (spoiler: non hanno poi comprato le quantità promesse) e i dazi in gran parte rimasero in vigore. Nessuna vittoria netta, solo un pantano con qualche contentino. Il deficit commerciale US-Cina è ancora enorme, la produzione manifatturiera in USA non è tornata ai livelli di 20 anni fa, e la Cina non è implosa anzi è andata avanti. Insomma, la “vittoria” non si è vista. Nel frattempo però gli agricoltori americani sono quasi andati gambe all’aria, le aziende hanno pagato il conto… Chi ha vinto allora? Forse il Vietnam o il Messico, che si sono presi fette di mercato lasciate dalla Cina. O forse qualche lobby dell’acciaio che ha ingrassato i bilanci per un po’. Ma di certo il popolo americano non ha vinto un bel niente. Quindi tutta la sparata “easy to win” si è rivelata una stronzata colossale. Altro che geniale stratega: Trump ha acceso un incendio che poi non sapeva spegnere, e alla fine ha dovuto accontentarsi di un pareggio sporco spacciandolo per vittoria. Patetico.

5. Il partito “free market” diventato statalista. I repubblicani per decenni hanno predicato libero mercato, niente interventi, niente barriere. Poi arriva Trump e loro zitti e mosca mentre lui alza barriere manco fossimo nell’URSS. Una giravolta ideologica allucinante: sono passati da Reagan che diceva “togliere i lacci al mercato” a Trump che impone tariffe come un socialista qualsiasi. E la base repubblicana? Zitta e felice, perché ipnotizzata dal culto del capo. Questa è ipocrisia politica pura: difendere il libero scambio solo quando fa comodo, poi applaudire il protezionismo quando lo fa il tuo idolo. Coerenza zero. E infatti alcuni vecchi repubblicani liberisti (tipo i senatori più moderati o gli economisti di destra classica) erano in imbarazzo totale – ma la maggioranza è rimasta a 90° gradi a prendere ordini da Trump anche su questo capovolgimento di principi.

In conclusione, l’eredità dei dazi di Trump è un ammasso di contraddizioni. Predica bene (America First, niente tasse nuove) e razzola male (mette tasse nascoste che colpiscono gli americani). Si atteggia a paladino dei lavoratori, ma la sua politica li ha in gran parte danneggiati (salvo poi doverli compensare col denaro pubblico). Urla contro la globalizzazione, ma lui per primo la sfrutta quando gli fa comodo. Dice che gli altri sono furbi e noi fessi, ma alla fine chi è stato fregato? Tu, cittadino americano medio, che hai pagato più tasse (mascherate) e hai visto poco o nessun beneficio concreto. E la cosa incredibile è che c’è gente (magari anche tu che leggi, ignorante) che ancora lo applaude e lo rivuole al potere credendo alle sue panzane.

La verità nuda e cruda è che Donald Trump ha aumentato le imposte tramite i dazi per alimentare il suo ego e il suo show politico, scaricando i costi sulla popolazione ignara. Altro che stratega anti-sistema: è stato solo un grande fuffaro che ha rifilato al suo stesso popolo una tassa travestita da patriottismo. E voi ci siete cascati con tutte le scarpe.

Svegliatevi, ignoranti, che la prossima volta magari evitiamo di spararci sui piedi da soli applaudendo un miliardario furbo che gioca al difensore degli operai mentre li infilza alle spalle. Basta cazzate, per favore.

Quando un politico ti dice che sta fregando gli altri per aiutarti, controlla subito il portafoglio… perché l’unico fottuto sei tu.

Donovan Rossetto

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