I politici parlano di noi come se fossimo Pokémon: incomprensibili ma sfruttabili

Ogni volta che in TV, sui giornali o nei dibattiti politici salta fuori la parola “giovani”, parte la solita scena tragicomica: un sessantenne incravattato, che non sa nemmeno come si disattiva il Wi-Fi, inizia a pontificare sulla “generazione Z”, sul “mondo digitale” e sulle “opportunità del web”.

Ma vaffanculo, davvero. Perché la verità è che in Italia, la classe politica parla dei giovani come se fossero animali esotici da studiare col binocolo, non persone reali che vivono sulla loro pelle i fallimenti di chi sta al potere da trent’anni.

Questi qui, che non sanno mandare una mail senza urlare “STAMPA!” al segretario, vogliono spiegare TikTok, l’ansia da prestazione scolastica, i lavori precari da 800 euro al mese, le università bloccate, gli affitti da 700 euro per una stanza col cesso in corridoio. Parlano di “valorizzare i giovani talenti” e poi ti propongono stage non pagati, corsi di formazione inutili e ti dicono di “fare impresa” in un Paese dove anche aprire una partita IVA è come giocare a Dark Souls in mutande, bendato e con i controlli invertiti.

La finta empatia: “I giovani sono il futuro”… che però nessuno ascolta

Li senti dire: “Dobbiamo ascoltare i giovani”, “I ragazzi hanno idee brillanti”, “Servono spazi per la creatività giovanile”. Poi però, quando i giovani protestano sul serio – per il clima, per il diritto allo studio, contro il caro vita – vengono dipinti come fannulloni, viziati, “figli del reddito di cittadinanza” o terroristi ambientali con le treccine. La narrazione viene ribaltata: sei giovane solo se sei utile, produttivo, fotogenico. Se ti ribelli, non sei più “il futuro”, sei un problema da sedare.

Politici che hanno paura della rete, ma vogliono regolamentarla

Molti di questi politici sono ancora convinti che Facebook sia “il sito dei ragazzini” e che la “generazione digitale” viva solo per farsi i selfie. Eppure vogliono legiferare su cyberbullismo, streaming, intelligenza artificiale, privacy, criptovalute e gaming online. Gente che ha imparato cos’è Discord guardando Chi l’ha visto. Non sanno un cazzo di algoritmi, di server, di creator economy, ma vogliono mettere becco su tutto. Il risultato? Leggi scritte da incompetenti, con parole usate a cazzo e sanzioni che colpiscono chi crea, non chi sfrutta.

Il paradosso educativo: ti chiedono di studiare, ma poi ti fottono comunque

“Studia, laureati, impegnati, sacrificati.” Lo fanno sembrare un patto d’onore, ma è una trappola. Studi vent’anni per poi sentirti dire che “non hai esperienza”. Oppure ti chiedono di lavorare gratis “per farti le ossa”. Loro però, le ossa ce le fanno con i tuoi voti, le tue tasse universitarie e i fondi pubblici che si dividono nei talk show mentre ti dicono che “c’è meritocrazia”. Se veramente ci fosse meritocrazia, mezza politica sarebbe già a casa da anni. O in galera.

Quando i giovani creano qualcosa di vero, vengono ignorati o censurati

La realtà è questa: se sei un giovane e fai qualcosa di tuo, fuori dagli schemi, verrai ignorato. Se poi inizi ad avere voce, fastidi, numeri… allora cominceranno a chiamarti “sovversivo”, “esagerato”, “maleducato”. Ti vogliono silenzioso, produttivo, sorridente. Se parli troppo, se critichi, se esponi i problemi veri, ti sbattono contro la solita retorica: “i giovani di oggi non hanno voglia di fare niente”. No stronzi. I giovani di oggi hanno solo voglia di non farsi prendere per il culo.

E allora che cazzo volete da noi?

Volete che studiamo? Lo facciamo. Volete che lavoriamo? Lo facciamo. Volete che creiamo, rischiamo, costruiamo il futuro? Ci proviamo, ogni giorno. Ma fatela finita di usarci come slogan da campagna elettorale. Fatela finita di decidere il nostro presente senza capire un cazzo della nostra realtà. Se volete parlare di giovani, ascoltate. Se volete aiutarli, lasciate spazio. E se non capite niente di noi, fate una cosa utile: levatevi dal cazzo.

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