Che cazzo è successo alla psicologia cari Ignoranti? Una volta ci volevano anni di terapia per riuscire a dare un nome a certi comportamenti tossici. Oggi bastano 3 reel su TikTok, un paio di post motivazionali su Instagram, ed ecco che ti arriva la tizia con lo sguardo tragico che ti dice:
“Lui mi ha fatto ghosting, è sicuramente un narcisista maligno.”
Oppure peggio:
“Io? Sono una sopravvissuta all’abuso narcisistico… ora vendo corsi da 89,99 per aiutare le altre.”
Porca puttana, il trauma è diventato un brand. E la psicologia clinica, quella seria, è stata stuprata da influencer e gente disturbata che usa i termini clinici come se fossero stickers carini da attaccare alle stories.
La pornografia del trauma

Viviamo in un’epoca dove mostrare quanto stai male è una gara, un’arte performativa. Più sei incasinato, più piaci. C’è chi ne soffre davvero, ovvio. Ma il problema è che nel mare di finti depressi e narcisisti autodiagnosticati, chi ha problemi veri viene sepolto nel rumore di fondo.
Ora va di moda dirsi “narcisista consapevole”. Ma che cazzo vuol dire? È tipo dire “sono uno stronzo ma ci sto lavorando”. Non è crescita, è un alibi travestito da percorso spirituale.
Narcisista, gaslighter, borderline: il glossario degli idioti
Ogni singola discussione, oggi, si chiude con:
- “Mi ha fatto gaslighting.”
- “Ha il disturbo evitante.”
- “Quello è uno covert narcissist!”
Sì certo, e tu sei Freud reincarnato col filtro Valencia. La verità è che nessuno sa davvero cosa significano questi termini, ma li usano per sentirsi esperti, per avere un’identità più interessante. In realtà sono solo persone confuse che etichettano la loro merda invece di affrontarla.

Sai cosa non trovi mai nei post? La parola “responsabilità”. Nessuno dice: “Sono stato una testa di cazzo in quella relazione.” No. Tutti sono vittime e tutti gli altri mostri manipolatori. Il paradosso? Anche il narcisista, oggi, si definisce vittima di trauma. Un circolo di stronzate dove tutti sono malati ma nessuno si cura.
La truffa delle “coach dell’anima”
E non scordiamoci delle coach emozionali, quelle che fino a ieri facevano unboxing su YouTube e oggi ti parlano di attaccamento ansioso ed EFT tapping. Senza laurea, senza studi, senza un minimo di competenza. Ma con tanta voglia di farsi pagare per ripeterti le frasi delle citazioni Tumblr del 2013.
Stanno trasformando la sofferenza in business. E peggio ancora, ti vendono una favola in cui tu sei puro, gli altri sono tossici, e la colpa non è mai tua. È come una religione per gente che non vuole cambiare, ma solo sentirsi speciale nella propria merda.
La psicoanalisi non è una story di 15 secondi
Il dolore, quello vero, non è instagrammabile. Non ha filtri, non ha frasi motivazionali, non fa guadagnare followers. È un processo lento, brutale, scomodo. Richiede silenzio, autocritica, e il coraggio di scoprire che magari sei tu quello che ha fatto del male.
Ma nel 2025 nessuno vuole scavare. Tutti vogliono un’etichetta da esibire.
Un motivo per non crescere.
Una scusa per non cambiare.
Conclusione? No cazzo. Domanda per gli IGNORANTI:
Quante delle diagnosi che vedi oggi sono una vera richiesta d’aiuto…
e quante sono solo un altro modo per fottersi l’algoritmo?
Sei un grande riesci ad essere divertente nonostante questi ca… di temi che mi fanno girare!
Grazie Ignorante!